Archivi del mese: Maggio 2012

cazzonibus

…posizione dell’apparire nell’apparire significa coscienza dell’autocoscienza ma la coscienza che ha come contenuto l’autocoscienza è la stessa coscienza che è contenuta nell’autocoscienza coscienza dell’autocoscienza non indica cioè la stratificazione di tre diverse dimensioni come se esistesse un apparire in cui apparissero soltanto le case le piante i monti eccetra e poi apparisse un altro apparire in cui apparisse il primo apparire ma non vi apparisse l’apparire dell’apparire e infine un terzo apparire in cui apparisse l’apparire dell’apparire appunto per questa stratificazione l’innegabilità dell’essere che appare resta rinviata ad indefinitum nella struttura originaria della verità dell’essere della verità dell’essere dell’essere essere l’apparire è la coscienza dell’autocoscienza ma tale coscienza è la stessa coscienza dell’essere che resta posta nell’autocoscienza l’apparire dell’apparire dell’essere l’autocoscienza è certamente affermato perché appare ma quest’ultimo apparire che è appunto la coscienza dell’autocoscienza è lo stesso apparire dell’essere che è originariamente incluso nell’essere che appare il perché non indica quindi di un costituirsi del un regressum ad infdefinitum ma bensì la struttura ciscolare dell’apparire in quanto apparire circolare in se stesso in quanto se stesso medesimo insieme …
(continua ancora per 428 pagine)


De quoy diable donc(dist-il) servent tant de fatrasseries,de papiers e copies que me baillez?N’est-ce le mieux ouyr par leur vive voix leur débat que lire ces babouyneries icy, qui ne sont que tromperies cautelles diaboliques de Cepola, e subverction des choses?

Ma il nichilismo, colto nella sua autentica essenza, è la persuasione che ciò che non è mai stato e non potrà mai essere sia. La civiltà occidentale si è sviluppata sulla persusione che l’ente, in quanto tale, sia niente. Ma l’ente non è un niente, sì che la techne divina e umana non è la capacità che riesce a identificare l’ente al niente, ma quel modo di porsi in relazione all’essere del l’ente, dove ogni aspetto della relazione è determinato dallla persuasione che la nientità dell’ente(ossia ciò che non può essere) sia.
Per Heidegger uno sviluppo ineluttabile porta dalla techne greca, intesa come disvelamento, alla tecnica moderna come violenza produttivo-distruttiva. Ciò che Heidegger non può riuscire a scorgere è che, nella techne graca, il disvelamento è il divelamento del mondo, ossia dell’ente inteso come niente (appunto in quanto la poìesis non porta alla luce ciò che è immutabile ed eterno, ma l’ente che esce e ritorna nel niente. (e per oggi basta)


espiazione(diddio)

Lo tenevano rinchiuso nella stanza dei ricoveri, c’era, ora , si ricorda, rivede, questa stanza di tenebra, adibita a infermeria, a ambulatorio, a stanza di degenza malati, quando essere malati non voleva mai nessuno, preferivano di dire non sentirsi mai malati, se lo erano malati lo tenevano segreto, si portavano pasticche, dice, portavano, da casa sua, si riempivano da soli di nascosto di pasticche di tutti i generei, bastava fossero, per non stare carcerati nella stanza dei ricoveri, o lui, o altri, a turno, mai insieme, due ce n’era, pretendevano, come tipi di malati, uno i malati generici che vivevano insieme a tutti agli altri malati di tutte le categorie possibili, immaginabili, come era normale, due i malati solitari, in maniera più assoluta, totale, per la pena ultimativa, l’espiazione in quanto tale, eccetra, mai insieme, se lo fosse, dicevano, che lo stessero malati insieme, non sarebbero malati in maniera coercitiva, ogni pena, dice, ricorda, dicevano, una pena solitaria, necessaria, all’estremo, sempre i soliti comunque, che lo erano isolati, lui, Tomasi, Dal Corno, Follador, Fasolato, Spagnoli, Bertòn, tutti genti dall’inizio, già di suo predestinati, già da subito le botte, prima le botte, le torture, le pene, col cencio bagnato, o quant’altro, fino allo stremo, poi o il culo, o l’uccello, o legati ai tubi, ai muri, mentre gli altri, sentivano, che correvano dietro al pallone, nel piazzale del tempio, questo enorme piazzalone grigio del tempio di terra grigia sassosa sudicia, dove era si svolgeva la ricreazione (cosiddetta)del dopoporanzo, o il piazzale sassoso, o il salone dei giochi da tavolo, o la noia, in caso di pioggia, mai, allora, mai soli, mai per suo conto, o leggere, o scrivere, farsi il cazzo che volevano, sempre insieme, sott’occhio, che era, dicevano, la materia del diavolo lo stare per conto suo coi cattivi pensieri, o menarsi dicevano, l’uccello, o pensare alla morte, al male, o fantasmi melancolici, che lo era, ripetevano, la melancolia la causa di tutti i mali, che gliela levavano loro, dice, ogni forma di tristezza di per il capo, chi lo fosse condannato alle cure assidue dei Padri, come, anche, in aggiunta, o ciucciarli l’uccello, o offrirgli il culino rosa, o che altro, o stare nei lenzuoli bagnati, fino a avere la febbre, a quaranta.


“la malattia per la morte”

Questo concetto di malattia per la morte deve essere preso in modo suo proprio. Immediatamente significa una malattia la cui fine, il cui esito è la morte. Così si parla di una malattia mortale con un nsignificato equivalente a una malattia per la morte. In questo senso non si può chiamare la disperazione malattia per la morte. Ma, compresa, per esempio, cristianamente, la morte stessa è un transito per la vita. Pertanto, cristianamente, nessuna malattia terrena, corporea, è per la morte. Perché certamente la morte è il termine ultimo della malattia, ma la morte non è il termine ultimo. Se si deve poter parlare in senso stretto di una malattia per la morte, deve essere una il cui termine ultimo è la morte, e la morte il termine ultimo. E questa appunto è la disperazione.
Tuttavia la disperazione è la malattia per la morte in un altro senso ancor più determinato. Si è infatti quanto mai lontani dal fatto che, in modo diretto, si muoia di questa malattia, o che questa malattia finisca con la morte corporea. Al contrario, il tormento della disperazione è proprio di non poter morire. Per questo essa ha più in comune con lo stato del malato a morte, quando giace sfiancato dalla morte e non può morire. Così esser malato “per la morte” significa non poter morire, ma non come se ci fosse speranza di vita,no, la non speranza è che non c’è nemmeno l’ultima speranza, la morte. Quando la morte è il più grande pericolo, si spera nella vita; ma se si viene a conoscere un pericolo ancora più tremendo, si spera nella morte. Quando dunque il pericolo è così grande che la morte è diventata la speranza, la disperazione è la non speranza di non poter nemmeno morire.
E’ allora in questo ultimo significato che la disperazione è la malattia per la morte, questa straziante contraddizione, questa malattia del sé, morire eternamente, morire eppure non morire, morire la morte.


(ammettendo vivibili)

Che lo fosse ineludibile, si sentiva, proveniva, qualcheduni, dicevano, questo Stato sociale, costrizione sociale, immanente, perpetua, e di seguito, se ogni dove, si sentiva, asserivano, nei riguardi alle persone,(in ipotesi)a cui fosse imprescindibile, questo inganno sociale, questo falso-sociale, eccetra, di seguito, lui non era, dice, tra coteste persone, ve ne fosse una ragione, non lo fosse dimostrabile (che lui esterno all’interno assoluto totale) se anche, dice, si sentiva, dicevano, che lo fosse ineludibile, la immanenza, assoluta, reale, dello Stato o quant’altro, e di seguito, anche, uguale, lo stesso, dice, diceva, impossibile dimostrarne il contrario, ammettendo esistesse cotesto contrario, ipotetico.
Da una parte, ineluttabile, dice, questo stato di apparenza totale, assoluto, di ogni cosa, inspiegabile, da quell’altra le persone (ammettendo vivibili) sotto stato di menzogna in se stessa, automatica, come auto-menzogna assoluta, di se stessi, medesimi, relativo no soltanto all’apparenza visibile, ma anche come peculiare la sua natura, di omini, in quanto omini della natura, in quanto chiamata natura, eccetra, era uguale, ci si vive in questo inganno, e non–altro che di viverlo e basta, come inganno, prima cosa, sociale, impostura sociale, continua, di fatto, e egualmente ulteriore al suo interno, di noi stessi, mentali (in ipotesi) si dichiara, questo inganno, e ne siamo effettuati, da sempre.


veleggiare

Un canto nel veleggiare così delizioso/Il corpo è piegato come una fiamma/verso l’acqua bianca./La barca va. Perfetta/
la figura sua di donna/giù piegata verso il mare/ dorso a dorso, due splendori/e la vela,anima candida/come un’ala sul mio capo,/solca il cielo./ Felicità.


luoghi comuni

Una società libera è una società in cui non gli individui, ma le differenti tradizioni culturali cui questi appartengono, hanno uguali diritti e uguali possibilità di accesso ai centri di potere. Non può essere libera una società in cui il negro, l’indiano, la donna, l’omosessuale hanno le possibilità di intervenire nelle istituzioni e nelle decisioni che riguardano il modo di vivere di tutti solo uniformandosi al modello dell’uomo bianco, o mascolinizzandosi, ma è libera una società in cui il negro, l’indiano, la donna, l’omossessuale possono vivere armonicamente la loro diversità. Ed anche nelle cosiddette società democratiche , lo scienziato, il razionalista, il liberal bianco – rappresentanti di alcune istituzioni “esemplari” – persino quando sono animati dalle migliori intenzioni e si fanno convinti sostenitori di richieste di uguaglianza (razziale, sessuale ecc.), non la intendono come “uguaglianza di tradizioni”, ma solo come uguaglianza di accesso a una tradizione ben precisa: quella dell’uomo bianco. Una società può essere veramente libera solo quando si affida non agli “specialisti”, ma a iniziative di cittadini i quali per giudicare le proposte delle istituzioni che li circondano, che vivono del loro danaro e che plasmano la loro esistenza, e per giudicare le istituzioni stesse, utilizzano i criteri della loro tradizione specifica.


collegazioni

Babbo vivo un morto in casa, come eguale averci avuto, dopo morto l’ammettessero, che alla fine respiravano, mai nessuna di famiglie, disgraziati uguale a loro, tutto quanto il suo delirio, vi ci aveva riversato, la catastrofe totale, che su tutto sovrastava, dove tutto si perdeva, cominciando dal principio, il principio della fine, senza verso di scamparci, eccetra, non ce n’è chi ce ne scampi, lo diceva, l’omo cieco, l’era come non vederci, delle cose già fallite, molto meglio, si sentiva, che, diceva, stare ciechi, che vedenti non vedere, non-vedenti, riecheggiava, e non-sententi, e non-parlanti, e non-pensanti, e non-viventi.
Altri invece che dicevano era tutte cose vere, anche fosse, si sentiva, solamente appercezioni, esisteva che esistevano, senza altro discettare, fosse uguale che non fossero, vivessero, eccetra, allora che morissero, se per loro fosse uguale, e quest’altri seguitavano, o morissero o vivessero, identico, che davvero se lo era, non si avessero a lagnare, o piuttosto ritenevano, tutti fossero più grulli, che vero nulla, neanche chiedersi se era, si sentiva ripetevano, nell’oscuro della sera.credessero alle cose, a cui loro non credevano, cosa cazzo ne sapevano, icché gli altri immaginavano, o altro, o credevano di stare, nel cervello alle persone, come tanti pretendevano, di sapere gli animali, i pensieri che pensavano, quando invece lo ignoravano, delle genti anche vicini, genti anche vicini da anni e anni, che nemmeno immaginavano, i pensieri che ci avevano, e volevano sapere, sentimenti di animali, che nessuno lo sapeva, cosa cazzo che provavano, strani casi si vedeva, queste bestie stralunate, via sparite e poi trovate giù dai burroni, che ci fossero cascate o buttate, e perché, l’enno bestie snaturate, si sentiva che dicevano, strani casi di animali, ritrovati senza vita, mentre loro disquisivano il nulla eterno, fosse inutile il creato, senza di senso, eccetra, cosa cazzo si credessero di poterlo disquisire, che quegl’altri non potevano, mica tutti lo dicevano, dei pensieri che ci avevano, anche fosse se pativano, non patisce, si sentiva, gli animali, per fatti psichici, solo cose più immediate, di natura sensoriale, senza uso di memoria, ci hanno solo, la memoria, delle ore di mangiare, posti, eccetra, appercezioni, no ricordi intellettivi, ma però non lo dicevano, come loro lo sapevano, cosa cazzo continuavano, con le loro inquisizioni, si sentiva gli bociavano, gli inservienti sanitari, mentre intanto transitavano, per le strade tenebrose, senza avessero una meta, si vedeva, procedevano, il rumore, si perdeva, del furgone in dotazione, nel buio, senza nessuno.
Sull’idea nulla-di-nulla, ci si erano fissati, non ci ha senso dire cose, non esiste spiegazioni, solo idee che noi si pensa, che si pensi dei pensieri, eccetra, frasi fatte di parole, nelle quali ci si crede, nulla-ulla, risonava, si perdevano le voci, nello spazio nero-fumo, le finestre tutte chiuse, niente aria nelle case, se fori c’era, l’aria.
Non-essere-dell’essere-nell’essere, illusioni mai avverate, la totale insensatezza, anche più della normale, relativa agli esistenti, la votezza-universale, egualmente non-pensabile, la fallita generale, relativa alla creazione, prima ancora dell’inizio, posseduta già di suo, propagata nelle genti, che nessuno n’era escluso, che era sempre tutto inutile, che era meglio scomparire, che non era vero nulla, neanche chiedersi se era, si sentiva ripetevano, nell’oscuro della sera.


ma nessuno lo sapeva…

Verso un’altra aspettazione, dice, fosse provenuta, da certuni strani esseri, che gli avessero parlato, se era giusto dire esseri, o non-esservi-mai-stati, pole siino degli esseri, si sentiva, ripetevano, da in–un-mondo-non-pensato, ci sii un-mondo, proveniva, da potervi trapassare, venga esseri-non-esseri, da uno spazio separato, non saputo che da loro, c’è uno spazio, si sentiva, che nessuno non lo crede, senza averci intendimento, che soltanto in do’ si sia, in pratica, tutta la vita, o qui chiusi, si sentiva, proniva che dicevano, o passare a un-altro-mondo, come sola aspettazione, che lo fosse sotto-terra, o pensato-non-pensabile, donde fosse che veniva, questi esseri-non-esseri, dal profondo della notte, da quei posti che sentiva, ove tutti ci restavano, o a quei posti che venissero, ci s’avesse a trapassare, ma nessuno lo sapeva, la maniera come fare.


medicina

…un famoso chirurgo fa risalire a un epigastrio troppo stretto l’abbassamento dello stomaco ed esegue un’ operazione di allargamento, in seguito al quale i malati si liberano delle loro sofferenze. Un secondo chirurgo, forse ancora più grande, trova al contrario che l’epigastrio è troppo largo ed esegue un’operazione di riduzione, e anche questi malati si liberano dei dolori. Il metodo, divenuto poi sensazionale, per ottenere la guarigione di una certa malattia cronica infettiva mediante una dieta priva di sale, era preceduto, in un altro Paese, da un periodo in cui i gli stessi malati dovevano salare con particolare abbondanza i propri cibi su pressantissimo consiglio medico; e con entrambi i metodi furono salvati pazienti ritenuti spacciati. Un tema a sé rappresentano le cure per ringiovanire che, tutte quante, producono poi effettivamente il ringiovanimento; ora con l’aiuto di degli umori di elefanti in età avanzatissima che nella giungla avevano mangiato le bacche dell’eterna giovinezza; poi, indirettamente, attraverso i conigli che dopo aver assorbito questo o quel filtro magico, proiettato per via fotomatonica, non si possono più tenere dalla gioia di vivere e saltano sopra i tavoli e panche trascinati da un impeto giovanile; ora sono estratti chimici terribilmente complicati, provenienti una volta dal cervello (cerebellum) una volta dai testicoli; persino i papiri egiziani, impastati col grasso addominale del coccodrillo di lunga vita, vengono fuori come pomate per ringiovanire: e tutto aiuta, gli umori sprizzano, i peli ricrescono, lo stato d’animo assume da capo a piedi un tono giovanile, purché sia l’uomo adatto a prescriverlo nella maniera adatta.


melville(1851)

Vicino alla prora, nell’acqua, strane forme ci guizzavano da ogni parte innanzi, mentre fitti alle spalle ci volavano i misteriosi corvi del mare. E tutte le mattine si vedevano, appollaiati sugli stragli, stormi di questi uccelli che malgrado le nostre urlate stavano a lungo fissi ostinatamente sui canapi, come credessero la nostra nave un legno alla deriva, disabitato, un oggetto destinato alla desolazione e perciò adatto posatoio per le anime erranti. E si gonfiava, si gonfiava, senza posa si gonfiava il mare nero, come se le sue immense maree fossero la sua coscienza, e la grande anima del mondo sentisse angoscia e rimorso del lungo peccato e dolore che aveva causato.


angoscia

Ce l’avevano mandato perché erano malati, la sua mamma, dapprincipio, non potendo mai dormire, si sentiva che girava la notte per le stanze della casa, non riesciva a fare niente, neanche i fatto di pensare, i pensieri che ci aveva era solo aberrazioni, non aveva dei pensieri su di cose che potessero essere cose cosiddette comuni, come avevano gli omini, situazioni comuni, pratiche, le paure che ci aveva era solo dei deliri, che portavano alla morte, che volgevano alle tenebrae, la rovina il fallimento la miseria e via di seguito, la catastrofe totale, no soltanto la famiglia, il marito i figlioli, ma il complesso generale, l’impianto medesimo del consistere in vita normale, come tutti facevano, quando anche, a ben vedere, si potevano arrangiare, come stato delle cose, il marito all’Istituto, assegnato all’istruzione, più la rendita che avevano delle case a S. Donato, c’era stato, dice, un periodo, che da parte della mamma ancora ci avevano queste case ad Sanctum Donatum, il podere a Matriolo, i vigneti a Barabano, eccetra, Cacchiano, Montefioralle, Testalepre, e di seguito, poi venduto ogni cosa, tutto quanto il ricavato in azioni dello Stato, diodiavolo, come dire, appena, un altro stipendio, a quell’epoca, la casa era sua (ancora) dove allora ci abitavano, e da prima erano stati nella via del Malcantone, in affitto, per ragioni, dicevano, dice, logistiche, il lavoro del babbo, tutti i giorni all’Istituto, impiegato interinale, mai dice lui stato impiegato fisso di ruolo, sicuro, mai lui la sicurezza di un posto di ruolo infinito, due ce n’era di lavori, in ipotesi, uno il lavoro fisso garantito normale dalla parte dello Stato la Regione il Governo,la Scuola, le Sovrintendenze, il Catasto, il Pubblico Registro, eccetra, lavori, dice, anche fosse, di merda, pagati poco e cose di questo genere, ma alla fine, a ogni modo, da farci conto, da potersi, in famiglia, basare, su un introito, almeno, fisso, perpetuo, in ipotesi, che si avesse, come esempio, accendere, mettiamo, un mutuo, uno avesse delle rate, tutti i mesi da pagare, cose queste da sempre sapute e tenute in gran conto, professori di ruolo, geometri dei controlli statali, del genio, cosiddettto, civile, eccetra, questi incarichi normali, ringraziando, dice, diceva, la sua mamma, il Signore, c’era tanti non ci avevano che supplenze provvisorie, sostituzioni, ritagli, e via discorrendo, quando lui in pratica, arrivato alla pensione, sempre avendo, a dio piacendo, questi incarichi annuali, perenni, in rinnovo, continuo, ruotante, cosa invece, la sua mamma, che l’aveva accentuata nella sua disperazione, di base, biologica, non solo di esistere, di esservi, dice, stata, anch’essa, più che gli altri, gettata, sulla scena di questo mondo, ma il terrore, che pativa, più che altro, economico, da una parte la paura esistenziale, questo grande mistero dell’essere, e quant’altro, il fattore religioso e di seguito, tutto quanto, sostenevano, i parenti di Perugia, di Roma, di Sorrento, di Napoli, di Frosinone, tutto quanto, realmente dovuto, uno alla sua debolezza di carattere, endemica, al non essersi mai, dicevano, curata del suo carattere, di formarsi un carattere come loro, anche, dice, pretendevano, essi, lo fecero, il carattere, insistevano, non lo è bell’e pre-formato, da se stesso, all’origine, eccetra, dall’altra questa angoscia economica, di natura contabile, che le rendite calassero, che ogni cosa andesse male, che la casa sprofondasse, come infatti che non era certo in buone condizioni, c’era sopra le soffita, dove stavano i piccioni, sempre acqua proveniva, dalle tegole spaccate, mai successo, si sentiva, che venisse qualcheduno, intraprendere lavori, che poi sarebbero venuti 1 in casa il ragioniere pei normali sopralluoghi eccetra, preventivo quote interessi, e via discorrendo, 2 il Bigozzi e il Cicognani e il Massini, cosiddetti, muratori, in realtà 1 ex contadino spalatore raschiatore eccetra, l’atro imbianchino stuccatore, al massimo, l’altro, dice, falegname, carpentiere, di questo cazzo, che nemmeno immaginabile interventi strutturali sulle travi travicelli soffitti e via discorrendo, non potendo sostenere la presenza di persone, lungo il tempo del dolore, suo fratello sempre chiuso nella stanza dei degli studi, c’era in fondo al corridoio, questa stanza, a sinistra, con i libri accumulati degli studi mai finiti, come tutti i suoi parenti, nonni, zii, cugini eccetra, non solo senza nulla mai saputo di nulla, in sintesi, di nessuna materia, qualsiasi, ma anche fosse, in campo pratico, punti sbocchi da trovare, l’era inutile, asserivano, pretendesse di studiare, meglio allora, ritenevano, di trovarsi un posto fisso, si sentiva, ripetevano, che di aversi a torturare, senza costrutto, si trovasse un posto fisso, nelle Scuole Popolari, o le Scuole Popolari, o l’Ufficio in via Galvani, o uscere in via Galvani o bidello, custode, portiere, diodiavolo, di qualche scuola, qualsiasi, o altro, se non era professore, gli diceva la sua mamma, il suo babbo eccetra, che svolgesse. almeno, al minimo, la funzione di bidello, che lo fosse all’Alberghiero, o alle Scuole Forestali, Agrarie, o che altro, era uguale, non mancava di ripeterlo, se dei libri non venisse che profonde depressioni, che restasse subalterno, nelle cariche normali, più basse…


beckett

Un giorno sarai cieco. Come me. Sarai seduto lì in qualche luogo, un piccolo pieno perduto nel vuoto, per sempre, nel buio. Come me. Un giorno dirai a te stesso. Sono stanco, vado a sedermi, e andrai a sederti. Poi dirai a te stesso, Ho fame, ora mi alzo e mi preparo da mangiare. Ma non ti alzerai. Dirai a te stesso, Ho fatto male a sedermi, ma visto che mi sono seduto resterò seduto ancora un poco, poi mi alzerò e mi preparerò da mangiare. Ma non ti alzerai e non ti preparerai da mangiare. Guarderai il muro per un poco, poi dirai a te stesso,Ora chiuderò gli occhi, forse dormirò un poco, dopo andrà meglio. E quando li riaprirai il muro non ci sarà più. Intorno a te ci sarà il vuoto infinito, tutti i morti di tutti i tempi non basterebbero, risuscitando, a colmarli, e sarai come un sassolino in mezzo al deserto. Sì, un giorno saprai cosa vuol dire, sarai come me, solo che tu non avrai nessuno, perché tu non avrai avuto pietà di nessuno e non ci sarà più nessuno di cui aver pietà.


mediterraneo

Mi raccontava, spesso, con eloquenza, delle sue molteplici attività commerciali, quasi sempre illegali, delle partite di merce comprate, vendute, contrabbandate per mare attraverso la frontiera albanese, greca, bulgara, turca; delle frodi vergognosamente subite e di quelle gloriosamente perpetrate; e finalmente delle ore liete e serene trascorse sul mare, in riva al suo golfo, dopo la giornata di lavoro, con i colleghi mercanti, in certi caffé su palafitte che mi descrisse con inconsueto abbandono, e dei lunghi discorsi che qui si tenevano. Quali discorsi? Di moneta, di dogane, di noli, naturalmente; ma di altro ancora. Cosa abbia a intendersi per “conoscere” per “spirito” per “giustizia” per “verità”.
Di quale natura sia il tenue legame che vincola l’anima al corpo, come esso si instauri col nascere e si sciolga col morire. Cosa sia libertà, e come si concilii il conflitto fra libertà lo spirito e il destino. Cosa segua la morte, anche: ed altre grandi cose greche, lui era di Salonicco. Ma tutto questo a sera, beninteso, a traffici ultimati, davanti al caffèo al vino o alle olive, lucido gioco di intelletto fra uomini attivi anche nell’ozio: senza passione.


sintomi

E’ un errore ritenere che l’uomo abbia ancora un contenuto o che debba averne uno. L’uomo ha preoccupazioni per il nutrimento, per la famiglia, per la carriera, ambizione, nevrosi, ma tutto questo non è più un contenuto nel senso “metafisico”. Non è più l’animismo dei primi stadi, che in magica associazione con la natura e le sue forze formative metteva ancora in movimento nell’uomo stesso forze e trasformazioni. Quest’uomo capace di evocare non esiste più. Non esiste anzi più affatto l’uomo, esistono ancora i suoi sintomi. Non bastano più le interpretazioni per andare avanti. Il destino lavora, le trasmutazioni sono in cammino. Fra poco le luci di bengala sulle crisi e gli articoli di terza pagina sui fondamenti delle cose non saranno altro che pascolo per gli struzzi o una steppa sulla quale corrono le volpi. Ottimismo e pessimismo bruceranno via insieme in un vento mongolico che disperderà le loro ceneri negli oceani morti. Scappatoie non ce ne saranno più, i tentativi di ricostruzione del centro perduto avranno l’effetto di un movimento di riforma, come il Mazdaznam. Per quanto possa esere lontano questo sfacimento, la lontananza arriva.
Sogno è il mondo e ormai fumo negli occhi di ci vive.


trasferizione

Prima cosa, da affermare, in principio, per se stessa, in ipotesi, non lo era definibile concezioni generali, di nulla, non ce n’era alcuna cosa che di quelle che ce n’era, ammettendo ve ne fosse, che non fossero mentali, non ce n’era che pensieri, se lo fossero reali, mica c’era che lo fossero, perché c’era apparizioni, ammettendo che apparissero, o processi cerebrali. Il non essere le cose, come fatto principale, due, nemmeno, conoscenza, di qualcosa che non era, tre, egualmente inesprimibile, contenuto nel pensiero, impossibile esistesse, le parvenze immateriali, una cosa era il pensiero, delle cose oggettuali, un’altra esitesse coteste cose, invisibili.
Lui, dice, a ogni modo, sempre, nella mente, continuo,che lo fosse la sua vita come essere un embrione, come, dice sosteneva, da sempre, che lo fosse il suo vivere un periodo sospensivo, in attesa, di una sua trasmigrazione, verso un mondo sconosciuto, da dovervi trasmigrare, fatidico.
Quando, lui, dice, alla fine, sostiene, finalmente trasferitosi nella casa della morte, per ragioni, dice, scrive, suppone (si immagina) da venire elucidate nel seguito, no soltanto, in ipotesi, per coloro, esistessero, pretendessero sapere queste ragioni, ma lui stesso, medesimo, se lui stesso scrive, dice, consapevole i motivi della sua trasferizione nella stanza della morte, la casa, o che altro, non lo fosse consapevole in maniera totale, assoluta…


ostinazione

I miti non hanno vita per se stessi. Attendono che noi li incarniamo. Risponda loro la voce di un solo uomo, ed essi ci offriranno la loro linfa intatta. Dobbiamo preservare quest’uomo e fare in modo che il suo sonno non sia mortale, affinché la resurrezione diventi possibile. A volte si dubita che sia possibile salvare l’uomo di oggi. Ma è ancora possibile, forse, salvarne i figli, nel corpo e nello spirito. Si possono offrire loro al tempo stesso le possibilità della felicità e quelle della bellezza. Se dobbiamo rassegnarci a vivere senza la bellezza e senza la libertà che essa significa, il mito di Prometeo è uno di quelli che ci ricorderanno che ogni mutilazione dell’uomo può essere soltanto provvisoria e che non si serve in nulla l’uomo se non lo si serve tutto intero. Se egli ha fame di pane e di erica, e se è vero che il pane è più necessario, impariamo a preservare il ricordo dell’erica. Nel fondo più buio della storia, gli uomini di Prometeo, senza smettere il loro duro lavoro, terranno uno sguardo sulla terra, e sull’erba instancabile. L’eroe incatenato conserva nel fulmine e nel tuono divini la sua fede tranquilla nell’uomo.
In questo modo egli è più duro della roccia e più paziente dell’avvoltoio.Per noi, più della ribellione contro gli dei, ha un senso quella sua lunga ostinazione. E quell’ammirevole volontà di non separare né escludere nulla, che ha sempre riconciliato e riconcilierà ancora il cuore doloroso degli uomini con le primavere del mondo.


S. Paolo e il canocchiale

Fin dall’estate del 1610, corrispondendo con un amico, il protonotario apostolico Bonifacio Vannozzi (futuro segretario di Paolo V)aveva dettato la linea: “Che la luna sia terrea, con valli e colline, è tanto dire che vi son degli armenti che vi pascono e de’ bifolchi che la coltivano. Stiancene con la Chiesa, nemica delle novità da sfuggirsi, secondo l’ammaestramento di S. Paolo”.


dove?

Mettiamo che venga la fine del mondo, domani, dopodomani, e che moriamo tutti, mettiamo che la terra si sbricioli,vada in pezzi, diventi un polverone, si perda nell’aria, e la luna ugualmente, e si spenga il sole, e le stelle, e venga una caligine buia, e non c’è più nulla, e in tutta questa caligine il tempo andrà ancora avanti?
da solo? e dove andrà?


i òmeni firma

I òmeni prima parla/e po’ co i firma i tase/e a mi me piase questo e mi vogio quest’altro/e mi no vogio gnente e mi no digo gnente/e ti te vien de qua e ti te va de là/i omeni firma/no coe man sempre/ ma coi oci la boca le recie/col peto la panza i genitali le gambe/’na condana a la vita/’na condana a la morte//Mi te servo mi no te servo/
ti dame questo mi te darò quelo/par un’ ora par un giorno/’na setimana un mese/par un ano par sempre fin che te vol/perché xe vero(e gera vero)/perché xe vero (e gera falso)/perché te ga i schei e mi no i go/ perché no i go ma te i darò/perché go rabia parché go amor/parché te salvo parché te copo/pa’l to dormir /pa’l me disnar/pa’l to no far/pa’l me pa’l to pa’l me pal’me pa’l to/i òmeni firma//I firma e la carta bianca la carta pura/ li acèta gratis/ li néta gratis/ no dise mai de no.


amore

D’improvviso un accordo di chitarra e una donna saltò bruscamente nell’esiguo cerchio in mezzo al locale. “Ventun anni,” disse qualcuno.Restai sbalordito. un viso di fanciulla , ma scolpito in una montagna di carne. Quella donna sarà stata un metro e ottanta. Enorme. Poteva pesare un quintale e mezzo. Con le mani sui fianchi, vestita d’una rete gialla le cui maglie facevano gonfiare una scacchiera di carne bianca, sorrideva; e gli angoli della bocca rimandavano alle orecchie una serie di piccole ondulazioni di carne. Nella sala l’eccitazione non aveva limiti. Si sentiva che la donna era nota, amata, attesa. Lei continuava a sorridere. Girò lo sguardo intorno al pubblico, e sempre silenziosa e sorridente, fece ondeggiare il ventre in avanti. La gente urlò, poi reclamò una canzone che sembrava conosciuta. Era un canto andaluso, nasale e ritmato sordamente dalla batteria ogni tre battute. Cantava e a ogni colpo mimava l’amore con tutto il corpo in quel movimento monotono e appassionato, vere onde di carne le nascevano sulle anche e venivano a morire sulle spalle. La sala era come oppressa. Ma al ritornello, girando su se stessa, tenendosi i seni a piene mani, aprendo la bocca rossa e umida, la ragazza riprese la melodia in coro con la sala, finché tutti furono in piedi nel tumulto….


camus

Quale è, dunque, quell’imponderabile sensazione che priva lo spirito del sonno necessario alla sua vita? Un mondo che possa essere spiegato, sia pure con cattive ragioni, è un mondo familiare, ma, viceversa, in un universo subitamente spogliato di illusioni e di luci, l’uomo si sente estraneo, e tale esilio è senza rimedio, perché privato dei ricordi di una patria perduta o della speranza di una terra promessa.
Questo divorzio tra l’uomo e la sua vita, tra l’attore e la scena, è propriamente il senso dell’assurdo: perchè tutti gli uomini sani hanno pensato al suicidio, si potrà riconoscere , senza ulteriori spiegazioni, che esiste un legame diretto fra questo sentimento e l’aspirazione al nulla.


eckhart

Noi diciamo dunque che l’uomo deve essere così povero da non avere, e non essere, alcun luogo in cui dio possa operare. Quando l’uomo mantiene un luogo, mantiene anche una differenza. Perciò prego dio che mi liberi da dio, perchè il mio essere essenziale è al di sopra di dio, in quanto noi concepiamo dio come inizio delle creature. In quell’essere di dio, però, in cui egli è al di sopra di ogni essere e di ogni differenza, là ero io stesso, volevo me stesso e conoscevo me stesso, per creare questo uomo che io sono. Perciò io sono causa originaria di me stesso secondo il mio essere che è eterno, e non secondo il mio divenire che è temporale. Perciò io sono non nato, e, secondo il modo del mio non essere nato, non posso mai morire. Secondo il modo del mio non essere nato, io sono stato in eterno, e sono ora, e rimarrò in eterno. Cosa invece sono secondo il mio essere nato, dovrà morire e essere annientato, perchè è mortale, e perciò deve corrompersi col tempo. Nella mia nascita eterna nacquero tutte le cose, ed io fui causa originaria di me stesso e di tutte le cose; e se non lo avessi voluto, né io né le cose sarebbero; ma se io non fossi, neanche dio sarebbe, io sono la causa originaria dell’esser dio da parte di dio; se io non fossi, dio non sarebbe dio. Ma non è necessario capire questo…


trattorie

Nei libri noi entriamo
come si entra in trattorie ospitali
affamati assetati
morti cosiddetti di fame
Dapprima veniamo accolti gentilmente
serviti
poi serviti sempre peggio
serviti sempre peggio ancora
alla fine veniamo scacciati
o noi stessi di punto in bianco abbandoniamo queste trattorie
perchè non sopportiamo più il loro fetore
quella roba malcotta
miserabilmente servita ma naturalmente non senza aver pagato
un conto mostruoso
Noi entriamo nelle filosofie
come in trattorie aperte e ospitali
e andiamo a sederci subito al nostro posto di sempre
e ci meravigliamo
che non ci servano subito
con nostra perfetta soddisfazione
Ci sentiamo profondamente irritati
anche per certa gente odiosa
che si è installata con noi in questa trattoria
Chiamiamo l’oste
ma l’oste non viene
e se forse
all’inizio ci eravamo entusiasmati
magari per l’arredamento della trattoria
basta poco perché tutto ci dia la nausea
il posto è scomodo
c’è corrente d’aria
si sta spandendo un cattivo odore
mentre noi ci aspettavamo un ottimo odore d’arrosto…


vecchiezza

Ormai canute son le mie

tempie, e bianco è il capo:

la giovinezza amabile

non c’è più, e vecchi sono i denti:

della vita dolce non molto

è il tempo che resta.

Per questo, io piango

spesso, temendo il Tartaro.

Terribile è l’antro

di Ade: penosa

è la discesa; e per chi è andato giù

è destino non risalire.


canne al vento

il tempo è muto tra canneti immoti…
sotto altro ordine d’astri
tra insoliti gabbiani
nella stessa illusione mondo e mente.


michelangelo

Colui che fece, e non di cosa alcuna,
il tempo, che non era anzi a nessuno,
ne fe’ d’un due e diè ’l sol alto all’uno,
all’altro assai più presso diè la luna.
Onde ’l caso, la sorte e la fortuna
in un momento nacquer di ciascuno;
e a me consegnaro il tempo bruno,
come a simil nel parto e nella cuna.
E come quel che contrafà se stesso,
quando è ben notte, più buio esser suole,
ond’io di far ben mal m’affliggo e lagno.
Pur mi consola assai l’esser concesso
far giorno chiar mia oscura notte al sole
che a voi fu dato al nascer per compagno.


foglie al vento

« Uomini nati nel buio della vostra vita, simili alla stirpe caduca delle foglie, esseri fragili, impasto di fango, vane figure d’ombra, senza la gioia delle ali, fugaci come il giorno, infelici mortali, uomini della razza dei sogni, date ascolto a noi: immortali e sempre viventi, creature del cielo, ignari di vecchiezza, esperti di indistruttibili pensieri. Ascoltate da noi tutta la verità sulle cose del cielo e la natura degli uccelli, sull’origine degli dèi e dei fiumi, e dell’Erebo e del Caos. In principio c’erano il Caos e la Notte e il buio Erebo e il Tartaro immenso; non esisteva la terra, né l’aria né il cielo. Nel seno sconfinato di Erebo, la Notte dalle ali di tenebra generò dapprima un uovo pieno di vento. Col trascorrere delle stagioni, da questo sbocciò Eros, fiore del desiderio: sul dorso gli splendevano ali d’oro ed era simile al rapido turbine dei venti. Congiunto di notte al Caos alato nella vastità del Tartaro, egli covò la nostra stirpe, e questa fu la prima che condusse alla luce. Neppure la razza degli immortali esisteva avanti che Eros congiungesse gli elementi dell’universo. Quando avvennero gli altri accoppiamenti, nacquero il cielo e l’oceano e la terra, e la razza immortale degli dèi beati »


simone weil

…così, a dispetto del progresso, l’uomo non è uscito dalla condizione servile nella quale si trovava quando era esposto debole e nudo a tutte le forze cieche che compongono l’universo; semplicemente la potenza che lo mantiene in ginocchio è stata come trasferita dalla materia inerte alla società che egli stesso forma con i suoi simili. E dunque questa società è imposta alla sua adorazione attraverso tutte le forme che il sentimento religioso assume di volta in volta. Pertanto la questione sociale si pone in forma abbastanza chiara; occorre esaminare il meccanismo di questo transfert; ricercare perché l’uomo ha dovuto pagare a questo prezzo la sua potenza sulla natura, capire quale può essere per lui la situazione meno sventurata, vale a dire quella in cui sarebbe meno asservito al duplice dominio della natura e della società; infine scoprire quali percorsi possono avvicinare a una simile situazione, e quali strumenti la civiltà attuale potrebbe fornire agli uomini di oggi se aspirano a trasformare la loro vita in questo senso.


co-inquilini

…diciotto inquilini
involgariscono l’ambiente
agevolano i raggiri
e la volgarità
solo quando uno di loro muore
ne apprendiamo il nome
non mi sono mai fatto coinvolgere
in una conversazione
con i coinquilini
col portiere sì
con i coinquilini no
mi hanno fatto interpellare
per sapere se sia il caso
di dotarsi di una pattumiera collettiva
non so
no no
no no
e se faccio entrare
il portiere
mi porta in casa tutte le immaginabili malattie
non gli consentirò più di entrare
ho comprato una casa a Panzanatico
nella campagna di Panzanatico
tutti comprano case
una mania quest’acquisto di case
ORRENDA