la corsia n.6 (seguito)

 “Mojsejka, che Nikita aveva avuto soggezione di frugare alla presenza del dottore, si mise a disporre sul letto dei pezzettini di pane, di carta e degli ossicini e, tremando ancora dal freddo, prese a dire in fretta e con cantilena qualcosa in ebraico. Egli si immaginava certamente di avere aperto una botteguccia. – Lasciatemi andare – disse Ivan Dmitric, e la voce gli tremò.         –  Non posso.  – Ma perché? Perché? – Perché questo non è in mio potere. Giudicate voi quale vantaggio ne avreste, se io vi lasciassi andare. Voi ve ne andate. I cittadini o la polizia vi fermano e vi riportano indietro. – Sì, sì, questo è vero….  – proferì Ivan Dmitric e si soffregò la fronte – E’ spaventoso!  Ma che devo dunque fare? Che cosa? La voce di Ivano Dmitric e la mobilità del suo givane viso intelligente piacquero a Andrej Efimyc. Gli venne voglia di accarezzare quel giovane e calmarlo. Si sedette accanto a lui sul letto, e dopo aver riflettuto, disse: – Voi domandate cosa dovete fare. La migliore cosa nella vostra situazione sarebbe fuggire di qui: Ma purtroppo è inutile. Vi arresterebbero. Quando la società rifiuta da sè i delinquenti, i malati di mente e in generale gli individui che le riescono incomodi, è inesorabile. Non vi resta che una cosa, tranquillizzatevi nel pensiero che la vostra residenza qui è necessaria. – Ma essa non serve a nessuno! – Dal momento che esistono le prigioni e i manicomi bisogna pure che qualcuno vi sia dentro. Se non siete voi, sono io; se non sono io è un terzo qualsiasi. Aspettate, quando, in un lontano futuro, cesseranno di esistere le prigioni e i manicomi, non vi saranno più grate alle finestre, né vesti da reclusi. Senza dubbio un’epoca simile verrà, presto o tardi….”

Anton Cechov “La corsia n. 6” (continua)

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